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Sulla tolleranza, l’omofobia e altro materiale da editoriali

Delle pregiudiziali di incostituzionalità, che hanno fatto naufragare l’inserimento nel Codice penale dell’aggravante di omofobia, si è molto parlato nell’ultima settimana. Ma come se n’è parlato?

A titolo esemplificativo, oggi daremo un’occhiata a due articoli connessi alla recente notizia. Il primo è un editoriale di Andrea Mollica per «Giornalettismo», L’Italia non è la Norvegia. Il secondo è un pezzo che forse avrete già avuto modo di leggere stamattina sulle colonne di «Repubblica» e che in ogni caso vi ripropongo. E’ di Nadia Urbinati ed è intitolato I diritti individuali e la Lega.

Nell’editoriale, il 27 luglio Mollica esordisce così:

Un Paese tollerante, che rispetta gli uomini e li considera uguali, non considerando la religione, la pelle o l’orientamento sessuale un motivo di discriminazione. Un simile Paese è ammirato nel mondo, rispettato e preso a modello per la sua convivenza civile, anche se i mostri lo possono attaccare, e ferire nel profondo. Mostri che disprezzano i valori di uguaglianza e di rispetto verso chi non la pensa o non parla come noi.

Fin qui nulla di strano. O quasi, ma per il momento passiamo oltre. Subito dopo, il giornalista scrive:

Questo Paese è la Norvegia, ma non è l’Italia, purtroppo. Ancora una volta il Parlamento scrive una bruttissima pagina nella lunga storia della mancata tutela dei diritti civili. La Camera ha bocciato, con il sostegno della maggioranza e dell’Udc,  l’inserimento dell’aggravante di omofobia nel nostro codice penale.

Ho sottolineato quell’aggettivo perché dà una connotazione negativa a ciò a cui si riferisce. Sebbene a volte l’uso di aggettivi, e specialmente di superlativi assoluti come “bruttissima”, sia da considerarsi scorretto, il contesto (un editoriale di opinione) suggerisce che in questo caso sia accettabile.

Nel seguito, però, si legge ancora:

Se pesti una nero od un rom perché sei un razzista viene giustamente sanzionato più duramente, ma se commetti lo stesso reato perché odi i gay e le trans allora non ricevi nessuna pena aggiuntiva. Tutelare gli omosessuali, falli sentire rispettati e uguali agli altri in una società che li ha discriminati per moltissimo tempo, e ancora lo fa, è sembrato troppo avanzato, moderno o democratico ai clericoconservatori che ci governano. L’Italia non si smentisce mai, come si sapeva, e non impara neanche le lezioni che arrivano dall’estero, che ipocritamente commuovono  chi poi ogni volta nega gli stessi valori che esalta sui giornali.

Nel passo in evidenza c’è un vizio logico abbastanza palese. In apertura, infatti, si era detto, come da titolo, che l’Italia non è la Norvegia. Cioè non è «un Paese tollerante, che rispetta gli uomini e li considera uguali, non considerando la religione, la pelle o l’orientamento sessuale un motivo di discriminazione». L’Italia è, ad un tempo, razzista e non razzista. La contraddittorietà dell’idea espressa appare evidente, ed è forse strumentale alla conclusione che si vuole dare al pezzo. Campo in cui tuttavia non mi addentro per non rischiare di entrare nel merito.

Passiamo invece al secondo articolo, quello della Urbinati. Dopo un preambolo in cui dà una sommaria anticipazione della sua opinione, la politologa riassume gli eventi alla base del suo ragionamento:

In un recente comizio a Salsomaggiore Terme, concluso con la promessa che la cittadina emiliana ospiterà il concorso di Miss Padania, il Senatore Umberto Bossi ha colto l’occasione per picchettare il confine tra “persone normali” e “gli altri”. Con la stessa autorità con la quale ha dato la benedizione alla sfilata delle giovani padane, ha discettato su che cosa è giusto che gli italiani pensino dell’omosessualità, rivendicando come una vittoria di civiltà lo stop all’aggravante di omofobia nei casi di violenza imposto dal Parlamento una decina di giorni fa […] Ecco le parole di Bossi: «Non era giusto aumentare le pene per quelli che si sentono anche un po’ disturbati da certe manifestazioni, persone normali che a volte si lasciano scappare qualche parola, in senso anche bonario. Meno male che ci siamo opposti a questa legge perché non era giusta». Si tratta di una giustificazione che rovescia la verità dei fatti e, soprattutto, propone una visione distorta dell´eguaglianza e calpesta il valore della dignità umana.

Quella sottolineata è la tesi della scrittrice. Come la argomenta? Vediamo.

Rovescia la verità dei fatti perché presenta la proposta di legge per la quale il Parlamento ha approvato i pregiudiziali di incostituzionalità come punitiva delle parole e delle idee, mentre essa proponeva di considerare la possibilità di un’aggravante per i reati sulla persona quando commessi per odio nei confronti di gay, lesbiche e transessuali (un fenomeno che, come i fatti di cronaca ci dicono, è purtroppo sempre più frequente). La proposta di legge interveniva sui reati e le motivazioni di reato. Ma la giustificazione di Bossi calpesta soprattutto il valore della dignità della persona perché reitera e santifica un comportamento discriminatorio: quello delle “persone normali” verso “gli altri”, aggiungendo un codicillo precettistico che è terrificante: le “persone normali” hanno il sacrosanto diritto di offendere “gli altri”.

Un’argomentazione, come si nota, puntuale e precisa. La Urbinati, poi, passa allo scandaglio le dichiarazioni di un altro parlamentare, l’on. Cicchitto, di cui smonta la tesi trascinandola verso un assurdo. Vediamo nel dettaglio come ciò è stato possibile.

L’argomento dell’aggravante di pena per i reati di omofobia è un’applicazione non uno strappo dell’eguaglianza – la stessa legge italiana, non è un caso, già prevede sanzioni per i crimini dell’odio basati su motivi di razza, etnia, nazionalità e religione. Perché mai in questi casi i motivi discriminati sono aggravanti mentre nel caso dell’omofobia e della transfobia no? Perché solo ad alcune minoranze è dato di poter contare sulla legge per non subire discriminazione in ragione della propria scelta di vita o identità? Queste domande mettono in luce la natura discriminatoria delle motivazioni con le quali questa proposta di legge è stata giudicata incostituzionale. Ci ha assicurato l’On. Fabrizio Cicchitto che la maggioranza è stata più rispettosa dell’eguaglianza di chi ha proposto quella mozione perché rifiutando l’aggravante per omofobia ha affermato di “considerare i gay come dei cittadini uguali agli altri”. L´argomento della neutralità della legge è tuttavia sofistico perché nasconde il significato del reato e in questo modo rende la legge impotente a proteggere la vittima. Nei casi nei quali il reato è armato dal pregiudizio una legge che non vuole vedere la motivazione è una legge che non riesce a raggiungere il suo scopo. Che si malmeni o si ammazzi una persona per la sua preferenza sessuale non deve essere registrato dalla legge, per la quale ci sono solo crimini neutri commessi da individui neutri! Eppure… questa neutralità non sembra sufficiente garanzia se in questione c’è la religione, la razza, la nazionalità e l´etnia. Si può quindi obiettare che se davvero la maggioranza vuole essere coerente con la dottrina dell’eguaglianza neutra, dovrebbe cancellare dal codice penale tutti i motivi discriminanti. Questa sarebbe la risposta coerente di chi è contrario a “ogni trattamento giuridico specifico e differenziato”. Evidentemente, ci sono gruppi meglio allocati di altri, ovvero più capaci di far valere le loro ragioni di diritto e di rispetto.

Si rileva la presenza di un punto esclamativo, che personalmente considero un vezzo retorico da evitare, nonché di una tesi secondaria non molto chiara (perché «una legge che non vuole vedere la motivazione è una legge che non riesce a raggiungere il suo scopo»?). Ciò nonostante, nel complesso, il tessuto argomentativo dell’articolo è di fattura eccellente, esemplare.

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