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«Ricardo Franco Levi, ancora tu!». Le fallacie di Grillo

Stavo collaudando Google Reader (lo so che è una vergogna, ma ho imparato da pochissimo ad usare gli aggregatori di feed rss) quando mi sono imbattuto in un articolo dal blog di Beppe Grillo di tre giorni fa, sull’«insostenibile costo dei libri».

L’intervento è preceduto da un breve video in cui Ricardo Franco Levi, parlamentare Pd, commenta la nuova disciplina del prezzo dei libri. Vi riporto una trascrizione di quanto da lui dichiarato a sostegno della legge:

Questo è il risultato di parecchi anni di lavoro e di grande ascolto di tutti gli operatori del mondo dei libri. Per capire che cosa voglia dire questa nuova legge, basta guardare un po’ quello che può vedere chiunque entrando in una libreria: prezzi molto scontati, libri che si vendono con grandi sconti. Con quali risultati? Che gli sconti sono in realtà fittizi, perché più alto è lo sconto più, alla lunga, in realtà gli editori devono aumentare i prezzi di copertina. Contemporaneamente questo porta a una riduzione del numero degli operatori, perché i più piccoli editori e i più piccoli librai progressivamente vengono espulsi dal mercato. Con un lavoro di grande attenzione alle esigenze di tutti, abbiamo trovato un punto di equilibrio alle esigenze dei grandi e dei piccoli, dei librai e degli editori. D’ora in poi, ci sarà un limite del 15% agli sconti che possono fare le librerie e del 25% alle riduzioni di prezzo che gli editori possono fare quando promuovono le proprie edizioni.

Qual è la risposta di Grillo? Questa:

Ricardo Franco Levi, il pdimenoellino che propose la legge bavaglio sulla Rete come sottosegretario all’editoria del Governo Prodi, è ancora in circolazione a protezione degli interessi delle lobby degli editori. Mentre in Corea del Sud vengono eliminati definitivamente i libri cartacei dalle scuole, Levi è riuscito dopo due anni di duro lavoro a far approvare la nuova disciplina del prezzo dei libri. Non si potrà vendere on line un libro con uno sconto superiore al 15% del prezzo di copertina con alcune eccezioni. Levi deve capire alcune cose. La prima è che è in Parlamento per fare gli interessi dei cittadini e non degli editoriSe vuole farlo si faccia assumere da uno di questi e si tolga dai coglioniLa seconda è che il prezzo lo decide il mercato e i libri digitali costeranno sempre meno.

Nella citazione di Levi ho sottolineato l’argomentazione che fonda, secondo lui, la giustizia della legge in questione. Nella reazione di Grillo, ho sottolineato le “controargomentazioni”. E si nota all’istante come, in realtà, nel commento di Grillo non vi sia traccia di argomento idoneo a contraddire le considerazioni di Levi. Anzi, tutte le “controargomentazioni” presentate da Grillo sono, in effetti, fallaci. Vediamole più da vicino.

Quando Grillo scrive «Ricardo Franco Levi, il pdimenoellino che propose la legge bavaglio […] è ancora in circolazione a protezione degli interessi delle lobby degli editori» sta in sostanza dicendo «ancora tu? Non ti è bastato quello che hai fatto in passato? Non cambi proprio mai, eh?». La frase non entra nel merito della legge, ma suggerisce che, siccome uno degli estensori era stato firmatario di un brutto disegno di legge, allora tutte le leggi che ha firmato successivamente sono brutte. La sua firma, insomma, è una garanzia di qualità in senso negativo. Siamo davanti alla classica fallacia dell’avvelenamento del pozzo, peraltro esacerbata dal fatto che, in questo articolo, si fa uso dell’espressione generalistica e pregiudizievole «pdimenoellino» (altro marchio di qualità in senso negativo, secondo Grillo).

La frase «Mentre in Corea del Sud vengono eliminati definitivamente i libri cartacei dalle scuole […]» costituisce, a mio avviso, un caso particolare di una fallacia detta ad verecundiam. La si ha quando in un discorso ci si fa forti della convenzione, ad esempio dicendo «tutte le democrazie moderne fanno così, ma noi no, quindi noi sbagliamo». Il caso è particolare perché, in realtà, qui non ci si fa forti di una convenzione, ma del suo contrario. Sembra, cioè, di sentir dire «guarda, loro già lo fanno e noi no», oppure (che è ancora peggio) «guarda, persino loro lo fanno».

Poi, arriva il vero e proprio attacco ad hominem. Rileggiamolo:

Levi deve capire alcune cose. La prima è che è in Parlamento per fare gli interessi dei cittadini e non degli editori. Se vuole farlo si faccia assumere da uno di questi e si tolga dai coglioni. La seconda è che il prezzo lo decide il mercato e i libri digitali costeranno sempre meno.

Quindi quando Ricardo Franco Levi dice che la legge ha «trovato un punto di equilibrio alle esigenze dei grandi e dei piccoli, dei librai e degli editori», secondo Beppe Grillo, dice il falso. Tuttavia, non entrando nel merito della legge, Grillo non ci spiega il perché. O meglio, ce lo spiega, ma sfruttando una fallacia, cioè accusando l’interlocutore di fare gli interessi degli editori (e i librai?) anziché dei cittadini.

Ora, premesso che tecnicamente anche gli editori sono cittadini, è interessante l’unica argomentazione non fallace fornita da Grillo: «il prezzo lo decide il mercato». Insomma, se il prezzo lo decide una legge del Parlamento è un vantaggio per la lobby degli editori; se il prezzo lo stabilisce il (libero) mercato l’interesse tutelato è invece quello dei cittadini.

Dei cittadini… o dei consumatori? Mi si potrebbe ribattere a questo punto – e come del resto ho già fatto io – che tecnicamente i consumatori sono cittadini. Al che risponderei: sì, lo sono. E i librai?

Ps. Ho tentato, come mia abitudine, di non entrare nel merito o di dibatterne il meno possibile. Tuttavia, se qualcuno avesse una valida argomentazione contraria alla tesi di Levi, sono sicuro che farebbe un favore alla ragione ed agli italiani.

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